Il femminicidio è costituito dall’uccisione intenzionale di donne in quanto donne. Non si tratta solo della forma più estrema di violenza contro le donne, ma rappresenta anche la manifestazione più violenta della disuguaglianza di genere e della discriminazione nei loro confronti.

Il termine femminicidio è stato usato per politicizzare le uccisioni di genere di donne e ragazze, evidenziando il fallimento dei governi nel perseguire i colpevoli.

A livello internazionale, le Nazioni Unite hanno utilizzato il termine femminicidio per indicare tutte le uccisioni di donne connesse al genere, inclusi quelle compiute dal partner, i delitti d’onore e le uccisioni a causa dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere.

A livello europeo, il termine femminicidio adottato dall’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere (EIGE) è altrettanto ampio e si riferisce a tutte le forme di “uccisione di donne e ragazze a causa del loro genere”.

Al di là delle svariate definizioni, la forma più comune di femminicidio è l’uccisione di donne e ragazze da parte di un partner intimo o di un membro della famiglia. Si stima che il 58% di tutti i femminicidi registrati nel 2017 siano stati commessi da un partner intimo o da un membro della famiglia. Ogni giorno 137 donne in tutto il mondo vengono uccise da un membro della propria famiglia. Più di un terzo di tutte le donne uccise intenzionalmente nel 2017 sono state uccise dal loro partner o ex partner intimo. Inoltre, il numero di donne e ragazze uccise nel contesto della violenza legata al partner intimo o alla famiglia è in aumento.

La stragrande maggioranza dei femminicidi sono commessi da uomini. Questo modello è evidente nella perpetrazione della violenza del partner intimo (IPV) e della violenza domestica (DV).

Le statistiche dimostrano che la maggior parte dei femminicidi si trova all’estremo di un continuum di violenza perpetrata da partner intimi uomini contro donne e ragazze. Di conseguenza, le misure volte alla prevenzione del femicidio legato alla IPV/DV devono prendere in considerazione il contesto della IPV/DV; in particolare, fattori come l’escalation della violenza o i tentativi della vittima di separarsi dal proprio partner sono indicatori di un alto rischio di femminicidio. Le donne e le ragazze emarginate che si trovano ad affrontare barriere nell’accesso al supporto, per esempio donne/ragazze con disabilità, richiedenti asilo, donne/ragazze migranti, donne/ragazze appartenenti a gruppi minoritari, sono particolarmente a rischio.

Nonostante queste stime, i dati sul femicidio non vengono raccolti sistematicamente e mancano strumenti transnazionali per lo studio del femminicidio.

L’armonizzazione dei metodi di raccolta dati faciliterebbe la comparazione dei dati per lo sviluppo di politiche di prevenzione efficaci. Ciononostante, il progresso tra gli Stati non è risultato uniforme, con alcuni di essi che non registrano alcun progresso. Malgrado ci siano maggiori sforzi per raccogliere dati sui femminicidi, i dati non sono ancora comparabili; in particolare, i dati sulla relazione tra la vittima e il perpetratore non sempre vengono raccolti.

Complessivamente, manca la volontà politica di eliminare tutte le forme di violenza contro le donne, incluso il femminicidio. I governi di tutto il mondo non riescono a garantire lo stanziamento di risorse e budget adeguati al raggiungimento di questo fine. Urge adottare una serie di politiche olistiche focalizzate su strategie di prevenzione e protezione incentrate sulle vittime, da un lato, e politiche che mirino alle disuguaglianze politiche, sociali ed economiche tra donne e uomini, dall’altro. Si tratta di obblighi previsti dal diritto internazionale, in cui si riconosce che la violenza contro le donne è il risultato delle relazioni di potere storicamente ineguali tra donne e uomini (Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro le donne 1993; Convenzione di Istanbul 2011).