In Grecia, da più di 12 anni, il lavoro degli autori di reato si svolge nell’ambito della mediazione penale ed è un processo obbligatorio su ordine della Procura. L’istituzione della mediazione penale nel sistema penale greco ha significato l’introduzione di una procedura riparativa basata sulla direttiva europea in materia di mediazione nei procedimenti penali.

Questa procedura richiede il consenso di entrambi, vittima e autore del reato, ed è applicata prima o dopo il processo per i crimini di violenza domestica. L’implementazione della mediazione penale presuppone che l’autore del reato si impegni a non commettere ulteriori reati di violenza domestica, a partecipare a uno speciale programma di assistenza, nonché a impegnarsi per il risarcimento finanziario della vittima. Oltre che su suggerimento del procuratore, questo può essere avviato anche su richiesta dell’autore/imputato.

Fino ad oggi, non esistono dati organizzati disponibili per il pubblico e le entità accademiche sulla procedura; di fatti, la ricerca esistente mette in evidenza le carenze della sua forma attuale, evidenziando vari problemi e ostacoli. Più precisamente, si riscontra una mancanza di consapevolezza pubblica, una formazione insufficiente per i professionisti, un quadro giuridico e linee guida poco chiare per le parti coinvolte, così come l’assenza di un numero sufficiente di organizzazioni pubbliche, che siano in grado di assumere questi programmi di consulenza in tutta la Grecia. L’Alta Corte Suprema ha disposto la raccolta di dati sulla valutazione del processo, ma nessun tipo di dato è stato ancora rilasciato o pubblicato.

Nelle organizzazioni di consulenza, si registrano molteplici problemi, tra cui l’aumento del carico di lavoro, la mancanza di personale e l’assenza di un protocollo stabilito o di un approccio psicologico che faciliti la conduzione dei programmi di consulenza e la cooperazione all’interno dei diversi servizi. Per quanto riguarda l’approccio psicologico, l’adozione del modello sistemico comporta ulteriori problemi, come la lunga durata e di conseguenza il ridotto numero di casi trattati, così come la presenza obbligatoria sia dell’autore sia della vittima e la loro riluttanza a collaborare.

Inoltre, nei casi di stranieri, così come di malattie mentali, droghe e abuso di alcol, possono emergere altri problemi relativi alla comunicazione a causa dei confini linguistici e la necessità di un trattamento specializzato rispettivamente. Durante il processo, l’autore del reato viene indicato come “reo” invece che “autore del reato”, un approccio che potrebbe costituire un problema di stigmatizzazione. Inoltre, durante il processo, il beneficiario non si assume la responsabilità dell’azione, una questione che è molto significativa per il lavoro con il perpetratore.

Pertanto, potrebbe essere necessario rivedere e valutare il processo esistente, e come risultato, l’impatto a lungo termine dell’intervento e la responsabilità del perpetratore potrebbero essere definiti, portando a dati che descrivono il risultato e la qualità della mediazione.

Alla luce di quanto sopra, diversi cambiamenti sono necessari a livello politico. In particolare, è necessario sviluppare una formazione più specializzata dei professionisti, una migliore cooperazione all’interno dei servizi, un aumento delle organizzazioni specializzate coinvolte e un approccio personalizzato per gli interventi sull’ autore di violenza.